A tu per tu con il cantautore romagnolo, in occasione dell’uscita del singolo “Il cane e la mia ragazza”
Quotidianità e immaginazione, due elementi che trovano il giusto equilibrio nella musica di Braschi, cantautore che abbiamo imparato a conoscere nel corso della sua partecipazione a Sanremo 2017 e che ritroviamo in occasione di questa nuova interessante uscita. Il brano, intitolato “Il cane e la mia ragazza”, sviscera tutta una serie di stati d’animo che attraversano il percorso che dal buio porta alla luce.
Accettare una caduta e sapersi rialzare, quali sensazioni e quali riflessioni hanno accompagnato la nascita di questo pezzo?
È un pezzo a cavallo tra una dimensione onirica e una domestica. La vita di tutti i giorni che si mescola con la fantasia. È anche una sorta di preghiera laica o forse neanche troppo laica: “E se c’è qualcuno che mi protegga da chi sto diventando”.
Quali skills artistiche pensi di aver acquisito in questi ultimi anni di attività?
Ho imparato a cantare meglio, a dosare i “piani” e i “pianissimi”, ad avere più senso dello spazio sul palco, quando sul palco si poteva andare (sorride, ndr). Invece, per quanto riguarda la scrittura, cerco di non imparare nulla, è un esercizio che pratico spesso: appena sento che sto apprendendo qualcosa, provo a distruggerlo o a dimenticarlo per evitare di scrivere con il pilota automatico.
Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?
È il motivo per cui mi sveglio la mattina e il motivo per cui non dormo la notte. La salvezza e la miseria.
Qual è l’aspetto che più ti affascina esattamente della fase di composizione di una canzone?
Il momento in cui l’hai appena scritta, te la canticchi sul divano e senti precisamente la sensazione di avere costruito qualcosa dal niente, che prima il foglio era bianco e ora non lo è più, insomma la sensazione di avere creato qualcosa che emoziona te prima di tutto.
Alla luce del momento che stiamo vivendo, quale augurio ti senti di rivolgere alla collettività? Cosa speri che questa situazione complicata possa insegnarci?
Penso che questo momento possa in parte salvarci dalla deriva e dalla miseria di una vita focalizzata solamente su sé stessi, sui propri obiettivi, sul nutrimento del proprio ego, almeno credo ci abbia insegnato qualcosa in questo senso. Come scrive Mariangela Gualtieri: “Adesso lo sappiamo quanto è triste stare lontani un metro”.
A proposito di insegnamenti, qual è la lezione più importante che pensi di aver appreso tu, fino ad oggi, dalla musica?
Credo sia qualcosa di vicino alla risposta precedente. A non dare per scontati gli altri esseri umani. Non sentirsi il centro del mondo, sentirsi parte di un tutto.