Angela Baraldi: “3021” l’album dove l’essenziale diventa essenza, dove l’ascolto e il suono si immedesimano in un qualcosa di ultraterreno

Una voce riconoscibile e un talento indiscutibile, è questo quello che emerge dall’ultimo lavoro della cantautrice Angela Baraldi e dal titolo 3021 (Prodotto da Caravan, l’etichetta discografica di Francesco De Gregori e distribuito da Sony Music Italia). 3021 è un album che si presenta in formato digitale ma anche nei formati fisici (CD e vinile), e dove all’interno sono presenti ben 8 brani scritti da lei e composti insieme a Federico Fantuz. Un album dove l’essenziale diventa essenza, dove l’ascolto e il suono si immedesimano in un qualcosa di ultraterreno. Spazio e tempo non hanno ragione di esistere, perché la visione della Baraldi va oltre, immaginando così un ipotetico futuro, fatto di quelle relazioni sempre presenti e di ricerca della semplicità. Tanti infatti i temi presenti, dall’amore all’ambientalismo, dal futuro al passato, per un viaggio tra la consapevolezza dell’essere, senza la necessità dell’apparire.
Un album che mira a restare, a vivere l’attualità, ma soprattutto a spingerci con la fantasia verso quello che sarà il futuro, con lo spazio e l’ignoto a fare da fil rouge tra le 8 canzoni presenti.
Noi abbiamo raggiunto Angela Baraldi per farci raccontare della necessità di un album così controcorrente.
Benvenuta tra le nostre pagine Angela, inizierei questa chiacchierata chiedendoti delle emozioni che sono legate a questa uscita. Cosa ci puoi dire di questo 3021?
Sto bene e con l’uscita di questo disco mi sento tranquilla, anche se nei giorni precedenti ero molto in ansia. Anche perché ci ho messo tanto a farlo e ci ho messo tutta me stessa. Sono felice quindi che sia disponibile per tutti e spero che in tanti lo stiano già ascoltando. Tra l’altro, stanno arrivando i primi feedback e sono contenta che stia arrivando il messaggio che volevo mandare. La cosa diverte è sapere che la gente lo ascolterà in maniera diversa dal mio ascolto.
Ognuno ha il proprio ascolto, ma dopo questa uscita, anche a te l’album suona diverso?
Certamente sì! L’ho riascoltato con un orecchio rinnovato e suona effettivamente diverso. È una strana magia, ma la musica è magia. L’arte è liquida, ha bisogno di prendere aria e non sempre suona, si vede o si percepisce allo stesso modo. Ogni ascolto cambia la percezione.
3021 è un album che potremmo definire controcorrente. Infatti questo album è disponibile in modalità digitale, ma anche nei formati fisici (CD e vinile). Non è un po’ strano per il mercato attuale?
Esce con un’etichetta particolare, che rappresenta la visione di un grande artista (Francesco De Gregori ndr.), ed è quindi normale che si ricerchino anche altri formati. Noi veniamo da quel mondo lì e siamo molto legati all’idea di avere anche il supporto fisico, perché si ha così un prodotto tangibile, un libretto che leggi, sfogli e che tocchi. Inoltre, con il vinile, parliamo anche di un bellissimo oggetto da collezione. Vedere la copertina con i testi scritti ha un sapore romantico.

Un album che va oltre lo spazio e il tempo. Come mai ti sei lasciata affascinare da questo aspetto ultraterreno?
Secondo me abbiamo uno sguardo molto terreno sulle cose, concentrato solo su noi stessi e su quello che facciamo. Viviamo un momento di narcisismo dilagante e che ci porta ad avere una visione un po’ bassa delle cose. Questo perché è anche un momento difficile; viviamo infatti una realtà divisa tra un’ubriacatura tecnologica che ci fa sentire immortali e una realtà problematica legata alla terra, al suo sovraffollamento e alle guerre sempre presenti. Spostare lo sguardo ogni tanto è utile ed è quasi riposante.
ùUno sguardo al futuro, ma c’è un qualcosa di particolare che ti aspetti?
Non lo so, ma nel mio pensiero mi rifaccio al nostro passato. Pensiamo al teatro, dove vediamo ancora le tragedie greche, queste opere meravigliose che ancora ci parlano. L’uomo ha degli argomenti che sono costanti, che fanno parte e faranno parte anche in futuro della nostra umanità, come le relazioni, la morte, l’amore e l’ignoto intorno a noi. Insomma, per il futuro mi aspetto quelle cose che non cambieranno mai.
Questo è un album suonato, anche questo è un aspetto contrario all’industria discografica attuale.
La mia volontà era di realizzare un qualcosa che tutti potessero ascoltare, senza distinzione di età o cultura musicale. Un po’ come quando si ascoltano quei vecchi vinili e si rimane estasiati da come suonano ancora oggi. Ecco, con questo album ho voluto realizzare questo esercizio di curiosità e di riscoperta verso il suono.
Questo è un album che ricerca anche l’essenzialità, ma come mai per te è così importante?
Perché ormai siamo pieni di cose e alla mia età, ho capito che bisogna lavorare sulle sottrazioni per esaltare quello che si ha realmente. Levarci delle infrastrutture per ritrovare il focus dell’arte.

Questa essenzialità che ricerchi nasce anche dalla tua esperienza diretta?
Sai, è come con un armadio, dove all’interno accumuli tanti vestiti e alla fine capisci che sono poche le cose che metti e che ti piacciono realmente. Ecco, volevo far capire questa essenzialità. Tuttavia, è chiaro che questa consapevolezza nasce da un percorso introspettivo che sì fa. Personalmente sono sempre stata attratta dalle cose minimali e sobrie, anche perché la sincerità viene fuori nell’essenzialità.
Questo è un album sincero e libero. A tua immagine e somiglianza?
Beh, devo dire che avevo iniziato questo disco con questa volontà, anche perché ero senza un paracadute. Avevo quindi l’intenzione di proporre un album fatto a modo mio e senza dover pensare alle persone o alla moda di oggi. Volevo fare un qualcosa che mi assomigliasse. Poi la magia è stata trovare un’etichetta di un artista del genere e la cosa mi ha gratificato tantissimo, anche perché sono riuscita a mantenere me stessa.
La tua è una carriera lunghissima, fatta di musica, cinema, eventi e incontri. C’è un momento della tua carriera che ricordi con maggior affetto?
Ce ne sono stati diversi. In particolare, ricordo gli incontri con gli artisti che hanno investito su di me, come Lucio Dalla, un incontro che è stato fondamentale per la mia carriera. Poi anche lavorare con Salvatores è stato un istante importantissimo per me e per la mia vita artistica. Il momento però più importante, è quello che sto vivendo adesso. Non sono più una ragazzina, e avere questa primavera dentro che mi permette di avere questa creatività è per me un qualcosa di speciale.
Tu hai partecipato nel 1993 al Festival di Sanremo con A piedi nudi. Come è cambiato il Festival di Sanremo da quegli anni ad oggi?
Penso che sia cambiato, e che sia cambiato in meglio, anche solo per la possibilità di esposizione degli artisti più giovani. Poi, se partecipi tra i big, ci sono ben cinque serate per farti conoscere. Quando andai io, se non fossi piaciuto alla prima serata, non avresti avuto altre possibilità di ascolto. Prima il Festival era un po’ troppo severo per i giovani, perché non avevi una seconda possibilità. Oggi è più coinvolgente e ricco di opportunità.