Senhit: “Sono testarda e credo nel sogno della musica”

La cantante Senhit è italiana ma ha origini eritree e il sogno della musica l’accompagna fin da adolescente. Attualmente sta girando l’Italia con i suoi musicisti per promuovere la sua musica, perché crede che non sia tutto in mano ad un talent show.

Senhit-cantante
Senhit (© Foto di Gianni Lo Giudice – Parentesi Agency).

Senhit è una cantante italiana di origini eritree, debutta nello spettacolo recitando in importanti produzioni teatrali internazionali, da Il Re Leone a Hair, passando per gli spettacoli prodotti da Massimo Ranieri.

Nel 2006 decide di perseguire la carriera solista nella musica, pubblicando il primo disco dal titolo Senit. Attualmente sta girando l’Italia con i suoi musicisti per promuovere la sua musica, perché crede che non sia tutto in mano ad un talent show. I nuovi brani li sta curando con produttori quali Steve Daly & Jon Keep (Christina Aguilera e Lana Del Rey) e Brian Higgins (Kaiser Chief, Kylie Minogue, Pet Shop Boys), che renderanno la sua musica ancora più internazionale.

Quando ti avvicini alla musica?
Da adolescente. Sono la più grande di tre figli e sono sempre stata la più egocentrica ed esibizionista. Un po’ per divertimento un po’ per passione mi sono imbattuta nel karaoke di Fiorello, mia madre mi disse: “Sai che fanno le audizioni?”, credevo bastasse andare sul palco e cantare, invece c’erano le selezioni. Così andai a Imola. Mi fecero cantare tre strofe di Ragazzo Fortunato, alla fine del pezzo dissero: “Sei proprio un ragazzo fortunato”. Ero piatta, mascolina, tutta coperta e con il cappello girato indietro da rappettona. Partecipai al programma e vinsi la puntata, ero a Russi (Ravenna). Sono diventata l’idolo della scuola (ride – ndr), avevo 14 anni e volevo solo cantare. Mio padre però si impose perché finissi la scuola. Mi sono diplomata in grafica pubblicitaria, ho fatto un paio d’anni di università ma poi non ce la facevo più.
 Ho cominciato con il musical. C’erano le audizioni a Roma per uno spettacolo prodotto da Massimo Ranieri, sono stata selezionata come co-protagonista. Da lì è iniziata la mia avventura.

Poi abbandoni il musical e inizi la carriera da solista.
In realtà non ho mai abbandonato. Dopo l’esperienza di Ranieri in Italia ho fatto molta gavetta sul palcoscenico, Massimo è stato un grandissimo pigmalione a livello teatrale. Mi ha presa e cresciuta, artisticamente, umanamente, anche in modo severo. Per me questo non è un lavoro, è una bellissima passione che nutro con grande entusiasmo. Sono tornata in Italia dopo aver fatto grandi produzioni come The Lion King, scritto da Tim Rice ed Elton John, o Hair, poi volevo fermarmi un po’. Ma non ho mai abbandonato il musical, l’ho solo messo da parte. Sto aspettando una produzione bella, grande. In Italia stanno scomparendo. Un giorno poi è arrivata la Panini chiedendomi se volevo essere testimonial di una nuova azienda che voleva buttarsi sulla musica, così mi sono lanciata nell’avventura.

Perchè non ricerchi grandi produzioni estere?
Lì hanno contratti molto lunghi e non riuscirei a portare avanti sia il percorso musical che quello musicale solista. Tante cose tutte insieme si fanno male, ora preferisco concentrarmi sulla mia musica e se capita un occasione coglierla. Magari lo scriverò io un musical, chissà. Mi dispiace perchè in Italia non c’è spazio per cose nuove. Ci sono molti dinosauri che vanno avanti, si piange perchè c’è miseria ma in verità non si vuole investire. Non c’è meritocrazia, la gente va a vedere Rapunzel perchè c’è Lorella Cuccarini, che è bravissima, ma lo spettacolo è bruttarello. Si possono fare spettacoli con meno soldi o meno nomi famosi ma di qualità.

Hai lavorato in molti Stati e il tuo sound è internazionale. Decidi però di rimanere in Italia con la tua musica, perché?
Sono una guerriera, so che cosa l’estero offre in modo qualitativo, ma c’è tanta roba anche qui. Sono testarda e vorrei provare a creare una frattura, partendo senza l’utilizzo, per esempio, di talent, che assolutamente non schifo. Si può tornare a cantare nei locali, è più difficile, lungo e frustrante, però la qualità cambia. Ho creato il mio progetto, supportato da un team eccezionale, musicisti giovani e talentuosi. A poco a poco stiamo crescendo e magari in futuro usciremo con pubblicazioni anche all’estero. Mi è stato chiesto di cominciare fuori dall’Italia e poi di ritornare, ma ho voluto fare il contrario: la fatica è immane perchè la cultura è ancora un po’ ottusa, la gente non si sposta, non esce, se non sa che c’è il nome.

Noti differenza tra i due percorsi artistici?
Sono sempre stata un personaggio leader, mi piace stare al centro e avere qualcuno che gira in torno a me, la band è il mio elemento, il palco anche, contrariamente a quello che potrebbe essere lo studio di registrazione. La differenza è che emotivamente sono esposta, nuda. Canto davanti ad un pubblico che può fischiarmi o tirarmi pomodori, ma in questi anni mi sono temprata. Sono prontissima e carica, credo fortemente in questo progetto.

Il tuo repertorio è tutto in inglese, a cosa è dovuta questa scelta?
Sicuramente ci sono strategie di marketing che mi hanno spinta a fare questa scelta, ma nemmeno in modo troppo forzato. La produzione e la distribuzione è italiana, la Panini nasce a Modena ma ha sedi in tutto il mondo, quindi la visibilità è capillare. Sono italiana, di origini eritree, e porto con me un’impronta internazionale. La musica cantata in inglese è quella che più raggiunge il mondo, ho notato che le radio fanno fatica a passare canzoni italiane, se non per un certo periodo, che può essere quello di Sanremo. L’italiano però non l’abbandono, ci sto lavorando.

Living for the week-end, vede la partecipazione di Marracash. Com’è nata la collaborazione?

Fabio l’abbiamo conosciuto tramite addetti ai lavori. Il brano è stato scritto e prodotto da Brian Higgins. Quando abbiamo chiuso il pezzo – che volevo fosse pop dance, vedibile nei club così come nei locali dal vivo – sono tornata in Italia con la voglia di un po’ di italiano. Nel panorama rap Fabio è quello che, secondo me, si differenzia di più. Cercavo qualcuno che avesse voglia di internazionalità, lui ha sposato da subito il progetto e mi ha regalato qualche verso.

A quando il prossimo disco?

Arriva prima dell’estate, sarà preceduto da un singolo e nel frattempo ci facciamo conoscere in tour. I miei live si possono ascoltare anche tramite la Senhit radio. Una web radio che ho ideato, mi piace far sentire che cosa vivo attraverso la musica che ascolto, le chiacchiere tra amiche, la palestra, una serata fuori a cena o un commento sui libri che leggo. Nel disco credo ci saranno pezzi anche in italiano.

Con chi ti piacerebbe collaborare?
Mi piacerebbe molto lavorare con Lorenzo Jovanotti, mi piace come scrive, l’approccio che ha sulla musica. Ho sempre adorato Caparezza, Carmen Consoli mi piace moltissimo, è una polistrumentista fantastica.


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Matilde Ferrero
Matilde Ferrero
Vent'anni e un corso di studi a Milano. Soffro di Londonite da quando ho passato tre mesi nella capitale britannica e poi ho dovuto lasciarla. Una volta ho incontrato Paul McCartney, ma non l’ho riconosciuto.
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