Mastering e ingegneria del suono: l’arte di perfezionare un disco

Davide Saggioro, proprietario del Wise Mastering Studio di Verona, ci spiega il lavoro di post-produzione e mastering.

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Wise Mastering Studio.

Entrando nella sala lavoro del Wise Mastering Studio ci si accorge subito di una cosa, affatto scontata per chi non è mai entrato in una sala insonorizzata: c’è silenzio. O, meglio ancora, c’è assenza di rumore. Ci si rende conto di quanto la nostra percezione – le nostre orecchie – siano sopraffatte da disturbi continui, sollecitazioni di fondo, ronzii. In una sala mastering, quando non si sta lavorando, regna la quiete.

È lo stesso Davide Saggioro, proprietario dello studio e ingegnere del suono, a spiegarmi il perché: «Il mastering di un brano musicale è una questione di precisione nell’ascolto. È un’azione intrapresa dall’alto, neutra, che serve a dare una sfumatura o una connotazione precisa a un brano, a rendere perfetti i livelli d’insieme. Per questo la sala è insonorizzata dai rumori esterni indesiderati, utilizzando anche delle strutture apposta in grado di rompere le frequenze indesiderate».

È questo il primo approccio al Wise Mastering Studio, realtà veronese in crescita. Davide, classe ‘81, sta realizzando il suo progetto, un passo alla volta.

Com’è nata questa passione per il mondo dell’audio e l’ingegneria del suono?
È un percorso strano. Mi sono avvicinato a questo ambiente dal lato tecnologico. Ero incuriosito dalla fisica del suono. Nel voler capire come mai certi album suonassero “bene” sono andato ad approfondire l’aspetto tecnico, la natura fisica delle onde e delle vibrazioni. La partecipazione a diversi corsi e workshop di sound engineering è stato il passo seguente. La consapevolezza ha aperto le porte alla conoscenza: ogni libro, ogni manuale che studiavo apriva la strada a nuove domande e a nuovi aspetti tecnici. Pian piano sono arrivati i primi lavori, l’acquisto del materiale, la creazione di una realtà mia. È stato un percorso molto lungo. È ancora un percorso, non si finisce mai d’imparare l’aggiornamento è fondamentale.

Il tuo è uno studio professionale. Quanto ti è costata l’attrezzatura, nel corso degli anni?
Inquantificabile. L’attrezzatura è in continua evoluzione, è un costante miglioramento tecnico della strumentazione. Si parla di diverse decine di migliaia di euro. Naturalmente l’acquisto di nuovo materiale è finalizzato a lavorare sempre meglio e in maniera più efficiente, quindi si tratta di investimenti veri e propri.

Spesso c’è confusione su come nasce un disco e su cosa sia effettivamente l’attività di uno studio di mastering. Specialmente per chi è al di fuori del mondo musicale, per l’ascoltatore medio, un album è sostanzialmente il prodotto del lavoro dell’artista o di una band.
Un disco è un lavoro corale. Certo, senza l’artista non esisterebbe la musica. Ma senza i tecnici del suono non ci sarebbero i dischi. L’iter della produzione di un album è piuttosto articolato. Nasce dall’idea dei musicisti che compongono dei brani e li suonano. Ma ancora prima della registrazione vera e propria – soprattutto nelle grandi produzioni – viene fatta una prima operazione di pre-produzione, un controllo delle idee, dei livelli e dei suoni che si vogliono ricercare. In seguito si passa alla fase di registrazione vera e propria, che poi è l’unica percepita dal grande pubblico. Ma anche questa è solo una fase all’interno del processo produttivo che è ben lontano dalla sua conclusione. Successivamente si passa alla fase di editing, dove i tecnici, assieme al produttore, lavorano sui livelli e sugli ambienti, sull’equalizzazione assieme al bilanciamento generale degli strumenti.

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Davide Saggioro del Wise Mastering Studio di Verona.

E arriviamo così alla fase di Mastering.
Esatto. Durante questa fase si svolgono due attività principali: si valutano i mixaggi delle singole tracce nelle loro potenzialità, e si cerca di dare una uniformità totale al progetto, un lavoro di fine tuning che poi è ciò che manca rispetto al lavoro finale.

Come mai c’è bisogno di quest’ultima produzione?
Vedi, i mixaggi delle canzoni non sono sempre uniformi anche se fuoriescono dallo stesso studio di registrazione e sono effettuati dallo stesso tecnico. Questo perché il progetto è dilatato su più giorni, settimane e fisiologicamente le variabili di registrazione e mixaggio cambiano. Si tratta pur sempre di un processo creativo, artistico e tecnico, soggetto a variabili di concentrazione, tempo e umore. A volte diversi strumenti sono registrati con apparecchiature differenti, in differenti sale di registrazione, da tecnici diversi e con livelli di mixaggio non omogenei. Il mastering si fonda su un ascolto neutrale, motivo per il quale le stanze sono tarate acusticamente in modo da evitare qualsiasi tipo di distorsione del suono. Ci sono dei diffusori acustici dall’elevata qualità di riproduzione sonora. Infine ci sono gli strumenti, analogici e non, che servono a modificare le varie tracce senza alcun tipo di alterazione distruttiva, conferendo la naturalezza necessaria al brano musicale. Attraverso il Mastering si bilanciano tutti i suoni in maniera definitiva, cercando di enfatizzare al massimo l’anima del disco e le potenzialità del lavoro. Inoltre c’è un altro aspetto importante: al giorno d’oggi la musica viene ascoltata su una moltitudine di formati e media diversi. Ognuno di questi esige il proprio tributo in termini sonori. Un vinile suona differentemente rispetto a un CD. Non parliamo poi dei diversi lettori audio per l’ascolto su Web: Spotify, Youtube, Itunes, SoundCloud, ReverbNation e mille altri sistemi che hanno una Delivery differente. Per i progetti più complessi, l’attività di Mastering va a tarare il risultato finale anche per tutti i diversi formati. Ecco che dello stesso album esisterà un Master per ognuno di questi medium.
Al giorno d’oggi è richiesto un’ulteriore sforzo all’ingegnere di mastering: far suonare “molto forte” il brano musicale, al pari del livello sonoro delle migliori produzioni commerciali. Se hai mai sentito parlare di Loudness War, sai di cosa sto parlando.
Non è tanto complicato far suonare un brano come un altro a livello sonoro, quanto far sì che il brano rimanga naturale, che mantenga le sue dinamiche e il suo timbro caratteristico, quindi senza pesanti alterazioni o distorsioni dovute alla pesante lavorazione di limiting o compressione per portarlo al livello desiderato. Questa è la vera difficoltà.

Qual è l’impegno richiesto per diventare un ingegnere del suono?
Guarda, uno dei gap principali è spesso determinato dalla quantità di denaro che serve ad allestire una sala di lavoro e dalla capacità predisposizione di ascoltare in maniera diversa analitica e con una visione d’insieme la musica. Non esiste al momento – in Italia – una scuola di Mastering. Si tratta di seguire workshop, aggiornarsi, e studiare tanto, ma proprio tanto. E poi ascoltare dischi. Serve molta curiosità e avere la fortuna di poter lavorare in qualche studio, fintantoché non si riesce ad allestirne uno proprio. Serve una sensibilità musicale e soprattutto sonora. L’ascolto è un aspetto fondamentale dello studio. Esiste di fatto anche una componente creativa. Il mastering è l’arte del compromesso, e questo viene filtrato attraverso la sensibilità dell’ingegnere del suono. Un album masterizzato da me suonerà differentemente dallo stesso disco masterizzato in un altro studio.

Il Wise Mastering Studio è una realtà ben conosciuta a Verona, e hai curato i master di molte realtà emergenti del veronese. Con chi ti piacerebbe lavorare in futuro?
La percezione dell’importanza del Mastering in Italia è ancora bassa. Si sta muovendo qualcosa, ma le realtà che si occupano di postproduzione non sono moltissime. C’è molto spazio per crescere e ho notato un notevole incremento del lavoro negli ultimi tempi, ma molte delle commesse arrivano dall’estero. Naturalmente lavoro soprattutto con la post-produzione e l’audio mastering per il video e il cinema. In ambito musicale mi piacerebbe lavorare soprattutto con tre band: Almamegretta, Negrita e Elio e le Storie Tese. Chissà che il futuro non riservi qualche bella sorpresa!

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Alberto Della Rossa
Alberto Della Rossa
Sono un lettore onnivoro e schizzinoso, un musicista imbarazzante e copywriter per professione, uno di quegli oscuri figuri che scrivono descrizioni insensate sulle etichette dei vini, ad esempio. Nel tempo libero poi continuo a scrivere racconti e narrativa.
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