Il grunge, tra movimento musicale e geografia culturale nel libro di Claudio Todesco

Musica361 ha incontrato il giornalista Claudio Todesco, autore del libro “Grunge”, pubblicato nel 2011 per Tsunami e recentemente ristampato da Arcana. Per riscoprire uno dei movimenti musicali e culturali più importanti di fine anni ’90 a livello internazionale ma curiosamente nato dall’isolamento di una città.

Incontro con Claudio Todesco, autore del libro Grunge
Claudio Todesco, giornalista e critico autore de “Grunge, il rock delle strade di Seattle”

Nella seconda metà degli anni Ottanta Seattle è stata una città dalle influenze musicali eterogenee, dall’hard rock al punk, dall’heavy metal alla psichedelia. E ad oggi è oggetto di discussione se il grunge, una delle ultime rivoluzioni rock partorita in quella città, sia un vero genere musicale o un termine di comodo per catalogare gruppi diversi che semplicemente si formarono là in quegli anni: «Propendo per questa seconda ipotesi» afferma Claudio Todesco, autore del libro Grunge, il rock delle strade di Seattle. «Per me “grunge” identifica una provenienza geografica: e propriamente ritengo grunge i gruppi cresciuti tra metà anni Ottanta e Novanta intorno all’etichetta Sub Pop di Seattle, caratterizzati da un mix di metal e punk e sonorità ispirate agli anni Settanta».

Nell’era in cui trionfano nella musica leggera ridondanti tastiere, sintetizzatori o band hair metal, il grunge si impone come alternativa, più che innovativa quasi conservatrice, con composizioni musicali scarne ma d’impatto, le collaborazioni e gli scambi tra membri di diverse band limitate dalla generale privazione di mezzi e possibilità: «Esistevano pochi spazi per suonare o produrre musica in quella città ma incredibilmente da quelle strade è nato qualcosa capace di definire una nuova identità culturale rispetto a qualsiasi altro paese negli Stati Uniti».

Chris Hanzsek, uno dei fondatori di quegli studi di registrazione nei quali sarebbero passati tutti i gruppi più importanti di quella scena, fu tra i primi a notare, rispetto ad altri luoghi degli Stati Uniti dove la musica ispirata alla New wave stava diventando più sofisticata, quanto a Seattle regnasse un vero primitivismo musicale, da lui documentato per prima volta nella raccolta Deep Six (1986), costituita da brani registrati appositamente dai Green River, Melvins e altri autori di quelle sonorità: «Considero quella raccolta, poco citata in verità, il vero disco d’esordio del grunge, prima ancora della canzone Touch me I’m sick (1988) dei Mudhoney ritenuta da tanti l’archetipo».

Il Grunge tra movimento musicale e geografia culturale raccontato da Claudio Todesco 1
La copertina del libro “Grunge, Il rock delle strade di Seattle”, Arcana (2017)

Con i primi anni Novanta il grunge si diffonde a livello mondiale interessando anche il nostro paese: «In Italia si è cominciato a capire qualcosa poco prima dell’uscita di Nevermind (1991) dei Nirvana, che ha aperto la strada ad altri gruppi come Pearl Jam, dal primo showcase a Milano fino agli stadi». Ripensando a quel periodo in cui molti giovani si vestivano con camicie di flanella a quadri, jeans strappati, scarpe da ginnastica Converse consumate e t-shirt sdrucite, ci si chiede anche in che termini il grunge sia stato un fenomeno legato propriamente alla moda e Todesco spiega così: «La moda grunge, proposta anche da stilisti, riaccende ricordi nella mente di chi l’ ha vissuta ma a molti di quei musicisti sembrava qualcosa di costruito a regola per vendere un nuovo prodotto. Poi però, ironia della sorte, proprio coloro che intendevano distinguersi dall’industria discografica e dalla moda ne diventarono involontariamente parte. Nell’era pre-internet radio ma soprattutto televisioni musicali come Videomusic ebbero un grande ruolo: da metà anni Novanta Cobain e Vedder ebbero, come dico spesso provocatoriamente, un’attenzione paragonabile a Taylor Swift e Adele oggi. Attenzione che, come sappiamo non tutti hanno vissuto felicemente».

Queste sono solo alcune delle curiosità raccontate dall’indagine di Todesco, che ricostruisce tutta la vicenda di questo genere con passione e autenticità: «Nel 1989 avevo 20 anni e mi piaceva molto quello stile chitarristico aspro, poi da giornalista, ho deciso di approfondire la materia. Quando ho intervistato Dave Grohl, il batterista dei Nirvana, mi ha illuminato, spiegandomi “Devi raccontare l’isolamento di Seattle”: questo è il principio base a partire dal quale ho raccontato il grunge, lontano da tagli enciclopedici fatti di biografie o discografie e diversamente dalle letture storicizzate e patinate dai mass media, riportando invece, salvo che per poche parti ricostruite per necessità da altre fonti, autentiche chicche e interessanti testimonianze dai protagonisti o dai “sopravvissuti”, come i Pearl Jam. Quelli che già nel 1991, forse profeticamente, cantavano “Oh I, oh, I’m still alive”».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condividi su:
Luca Cecchelli
Luca Cecchelli
Giornalista, laureato in linguistica italiana e da sempre curioso indagatore dei diversi aspetti del mondo dello spettacolo. Conduttore radiofonico e collaboratore per diverse testate e rubriche di teatro e musica, svolge parallelamente l’attività di ufficio stampa e comunicazione. Spettatore critico e melomane, è assiduo frequentatore di platee e sale da concerto oltreché batterista per passione e scrittore. Quello che ama di più però è scovare nei libri o in originali incontri e testimonianze retroscena culturali della storia della musica e incredibili aneddoti rock, di cui in particolare è appassionato conoscitore.
Top