Emanuele Dabbono, un concerto per i 10 anni di “Ci troveranno qui”

Il cantautore ligure, celebre autore di alcuni successi di Tiziano Ferro, torna in Liguria, a LaClaque di Genova, con un concerto dedicato ai 10 anni dal suo primo EP “Ci troveranno qui”.

Emanuele Dabbono - La Claque Genova

A distanza di 6 mesi dall’uscita dell’ultimo album “Totem”,  Emanuele Dabbono si esibirà sabato 21 aprile 2018 a La Claque di Genova, ore 21.30, per un concerto in una speciale dimensione live. In occasione dei 10 anni dal suo primo EP “Ci troveranno qui”, pubblicato nel corso della sua esperienza ad XFactor 2008, il concerto sarà interamente registrato al fine di realizzare un album in versione live di prossima uscita. Con lui sul palco una band composta da Michele Aloisi, Fabrizio Barale (Ivano Fossati), Fabio Biale, Marco Cravero (Francesco De Gregori), Giuseppe Galgani, Matteo Garbarini eGianka Gilardi.

Sabato torni in Liguria, suoni in uno dei club più importanti di Genova, La Claque. Cosa c’è da aspettarsi da questo concerto, che, oltre a riproporre il tuo primo album “Ci troveranno qui”, verrà anche registrato live?

Vorrei dire alle persone che non sanno se venire che stiamo sfiorando il sold out ed è una cosa bellissima. Non è mai scontato portare a casa il risultato. Come tu hai detto verrà registrato un album live e forse anche un DVD. Abbiamo deciso di cambiare veste a “Ci troveranno qui”. Dopo che proponi le canzoni in un concerto, nelle scalette, queste prendono pieghe diverse. Anche solo cambiando musicisti la canzone sembra un’altra. Per questo ho deciso di dare vita nuova a queste canzoni. Dentro “Ci troveranno qui” c’è una traccia che si chiama “Mio padre”. Nel corso degli anni ho pensato che, quando l’ho registrata, non avevo avuto l’intenzione giusta. La riproporremo e registreremo nel concerto in chiave acustica, come se fosse una lettera a una persona che, ahimè, non è più vicina a me, ma che sento sempre accanto.

Il tuo rapporto con il pubblico che importanza ha? Cosa ti porta ad amare maggiormente suonare live rispetto a suonare in un disco?

Da quando ho memoria, amici e critici dicono sempre che riesco molto di più dal vivo che in uno studio. Proprio per questo motivo il disco precedente, “Totem”, l’abbiamo registrato dal vivo in una chiesa sconsacrata, per catturare quell’urgenza che viene cancellata dalle sovraincisioni chirurgiche sistemate in studio. Insieme al pubblico la magia è sempre stata la condivisione del palco. Spero che chi ci stia sotto non debba subire le canzoni, ma ne voglia far parte, non solo perchè ha pagato un biglietto. Vorrei che il pubblico fosse protagonista tanto quanto le persone che stanno suonando quelle canzoni.

Negli ultimi anni alcuni tuoi colleghi hanno improntato il live sulle sequenze, rendendo quantizzato anche il concerto dal vivo. Pensi sia “l’imprecisione” a dare vita alla musica?

Si. Non voglio criticare chi usa le sequenze. È più un discorso di estrazione: io vengo dalla musica suonata, mi viene più naturale pensare che se voglio suonare una canzone la riarrangio anche. Quello che fanno Springsteen, Dylan e molti altri. A volte fai fatica a riconoscere alcune canzoni ad un concerto, perché sono suonate in modi diversi. Per ascoltare il pezzo tale e quale al disco c’è già il disco stesso.

L’ultima volta in cui sei stato intervistato su Musica361 era in occasione delle tracce per “Il mestiere della vita” di Tiziano Ferro, di cui tu sei autore. Ad oggi Emanuele Dabbono, dopo aver registrato “Totem” e aver suonato sabato a LaClaque di Genova, che nuovi obiettivi e direzioni ha? 

La mia prossima mossa è la felicità (sorride). Da autore non ti posso dire molto, stiamo lavorando a tante belle cose, penso che il 2019 sarà un anno bello, forse anche il 2018. Non mi voglio dimenticare di scrivere canzoni senza l’assillo o la pressione di scrivere una hit a tutti i costi. Mi godo il mio percorso da cantautore, fatto per essere libero dai dettami della moda.

A proposito di “dover scrivere delle hit”. Quanto può essere complesso e, talvolta, frustrante? Quali sono le difficoltà più grandi e in che modo ti approcci a questa richiesta? 

La fortuna di lavorare con un editore, che è un tuo amico e una superstar, come Tiziano Ferro non mi genera alcuna pressione del tipo: “Dobbiamo fare la hit”. Non è il suo linguaggio. Mi dice: “Facciamo qualcosa che resti”. Cerchiamo di fare qualcosa che ci commuova. Se ci scatta la lacrima facile mentre scriviamo, per sentimento di riconoscimento succederà anche a chi ascolterà la canzone. Penso che non ci sia la ricetta per la hit, c’è un concentrato di emozioni, una spremuta di cuore. Nel caso di “Lento/Veloce” il tutto è nato come uno scherzo e ha fatto due dischi di platino. Giuro che non l’avrei mai immaginato. Uguale per “Il conforto”, io pensavo fosse un brano da album. Quando mi hanno detto che sarebbe stato un singolo non ci volevo credere, anzi avevo anche un po’ paura, perchè a livello musicale non è una canzone semplice, ha bisogno di due o tre ascolti. So che sono le major a chiedere agli autori: “Adesso è il momento di sfornare una hit”. Quel tipo di pressione lì ti schiaccia e ti annienta, in più ognuno di noi è autocritico, quindi ti viene da pensare se la canzone che stai scrivendo è più forte delle altre che hanno funzionato. Compiacersi, poi, impedisce di migliorarsi. Io questa pressione da Tiziano non la ho, me la metto da solo (ride).

In vista de La Claque è appena uscito il tuo nuovo singolo, “Parole al vento”. Che significato c’è dietro il video ufficiale?

L’intenzione delle riprese era quella di fotografare la Bretagna con il mio profilo migliore, ovvero quello di mia moglie. Quindi le ho chiesto di partecipare con il suo volto e credo sia il video in cui sono venuto meglio, perchè di me c’è soltanto la voce e la musica. È stato bello fare questo viaggio insieme alle due mie bambine, come se fosse il filmino delle vacanze, ma disponibile per tutti.

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Andrea De Sotgiu
Andrea De Sotgiu
Laureato in Comunicazione, appassionato di musica e di tecnologia. Se qualcosa nasconde una dietrologia non si darà pace finché non avrà colmato la sua sete di curiosità, che sfogherà puntualmente all'interno dei suoi articoli.
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